domenica 10 giugno 2007

Trentenni in viaggio

Non c'è niente da fare, il viaggio ti rimette a posto.
Leggo il testo della canzone della frangetta e penso a come siamo (siamo, siamo, mi ci metto anche io, tranquilli) totalmente schiavizzati dagli oggetti e dalle consuetudini. Totalmente assorti nel mondo che ci siamo costruiti (o ci hanno costruito?) e in cui ci sentiamo bene perchè sembra di avere tutto sotto controllo. Pedine perfettamente funzionanti, ingranaggi oliati che girano senza un perché apparente.
Consumiamo cose, consumiamo noi. Ci diamo immagini di nicchia, facciamo quelli sopra le righe. E invece siamo dentro le righe più degli altri. Poi vai in un posto a diecimila chilometri dai loft, dall'indie rock e dal messenger e ti senti per forza stupido.
Come puoi pensare allo Ied e a Brera quando un settantenne prende sua moglie e la fa roteare per strada al ritmo di una salsa che smuoverebbe pure quel legno di Liuk? Come fa a mancarti il sex-appeal inorganico del Machintosh e degli I-Pod quando vedi partite di baseball in strada con bastone e un tappo di bottiglia immaginata palla? Dimentichi l'esigenza impellente di comunicare tutto a tutti. Siamo diventati broadcast, siamo delle radio che trasmettono, non ascoltiamo più nulla. E invece là comunichi con una persona per volta. Scopri le vite che stanno dietro alla gente. Parli e ascolti.
Inizi quasi a sentirti bene, liberato dalle sovrastrutture. Forse salvi il cellulare, l'unica àncora di "salvezza". Ti rendi semplicemente conto che staremmo bene con la metà delle stronzate che ci riempiono il tempo e ci svuotano le tasche.
Per carità. Non che sia invidiabile un posto dove ti interrogano se ti scappa di dire che il capo è un po' biricchino. Dove compili un mese di carte bollate per sperare di farti due mesi fuori dall'Isola, a vedere il mondo. Però i sorrisi dicono tutto a volte. I bambini di qui non sorridono, si incazzano. I bambini di là giocano per strada. Le donne sono donne. Mica uomini.
Il cibo è povero ma sa di cibo, non di glutammato di sodio e genetica spicciola.
E' più facile dare il peso giusto alle cose quando i riferimenti crollano.
Non c'è niente da fare, il viaggio ti rimette proprio a posto.
Ah, dimenticavo: qualcuno sa che danno domani allo spazio Oberdan? Le mie foto di cuba stanno su Flickr. :-)

4 commenti:

aroti ha detto...

come ti capisco: io è da un anno che parlo di india!!

Anonimo ha detto...

Non ditelo a me che sono mesi e mesi che penso alla fantastica esperienza in Africa..

pavel ha detto...

Hai fatto una splendida esperienza...non farla morire...

Anonimo ha detto...

non ti preoccupare che la tengo viva e portero' avanti quello che abbiano iniziato :)