lunedì 18 ottobre 2010

lettera aperta

Ringraziamo Katia per questo suo prezioso contributo e ben volentieri lo pubblichiamo...

Lettera aperta agli uomini trentenni single e senza figli
Anche i trenta (quarantenni) single senza figli sono una categoria in costante crescita nelle metropoli grige e inospitali del mondo occidentale. L'ISTAT conferma questo dato con statistiche allarmanti, domodossologi si sbizzarriscono con teorie e Alberoni ci asciuga settimanalmente con editoriali sul Corriere. Il mercato risponde fabbricando merci ad usum di questo degno consumatore fomentato dagli “stilosi” adelfi della dissoluzione e da Studio Aperto. Alcuni di questi uomini hanno ancora qualche remoto tratto da ragazzo in memoria di quel che fu, lustri fa. Certo, il loro vantaggio sta nel fatto che, per mere ragioni biologiche, hanno a disposizione più tempo delle loro corrispettive anagrafiche per generare. Se le trentacinquenni già possono acquistare libri sulla menopausa da affrontare in serenità, il maschio ha ancora delle primavere per mettersi in salvo da un disperato destino di abbandono e solitudine, imprigionato nel minimalismo del suo monolocale, della sua utilitaria o, peggio ancora, tra i soprammobili ostili delle case dei malandati genitori che non realizzeranno mai il sogno di portare al parco i nipotini e rispondere ai loro mille perché.
Caro trentenne, chi te lo fa fare di uscire tutte le sere con i tuoi amici sterili alla ricerca di intrattenimento? Intanto il tuo gruppo poco a poco si assottiglia, si dirada di elementi, i matrimoni impazzano, alcuni ti reclamano come testimone (tanto sei sempre disponibile). È doloroso capire che quegli amici accasati li hai persi per sempre come i capelli su quella testa spelacchiata che sei costretto a specchiarti sconsolato ogni mattina. Patetico, hai anche acquistato via internet quella lozione miracolosa per non perdere capelli - concentrato della saggezza di Cesare Ragazzi - per poi renderti conto che sei stato buggerato. Al pub il lunedì sera siete rimasti in tre, single zitelloni, a bere doppio malto, parlare di sport, del vostro lavoro e di avventure color seppia. Esci, perché se stai a casa a guardare la televisione ti rendi conto che la vecchiaia sarà sempre più simile a quella sera, solo con più acciacchi. La distanza spaziotemporale con le ragazzine che vorresti portarti a letto diventa siderale, ormai – anche culturalmente – vivi su un altro pianeta, parli un'altra lingua, invano tenti di adattarti e di mimetizzarti.
Trenta-quarantenne single: hai tempo di aggiornare il tuo stato su facebook almeno tre volte al giorno. Fai vedere che sei ancora vivo, fallo per quelle slabbrate e follicolari e consumate amiche che si ostinano a passare una notte post-gomito alzato nel tuo sudicio letto da una piazza e mezza, e per le quali il massimo raggiungimento della vita coniugale è uno spazzolino da denti dimenticato in un cesso altrui.
Ma dai, che aspetti a sistemarti? le avventure che raccontavi in palestra al tuo vicino di tapis roulant non interessano più a nessuno. Pure tu ti annoi quando ci pensi, sono come le favole che vengono continuamente ripetute ai bambini. E poi sono avvenute così tanto tempo fa che ormai i ricordi evaporano come gli amici liberi con cui organizzare un week end goliardico. Il passo dalla discoteca al girare in auto solo per le periferie in cerca di un'ora di compagnia (a pagamento) o di una moglie in Romania è breve come una poesia di Ungaretti Cosa aspetti ad accasarti? Ti sei anche reso conto che le trentenni rampanti alla sex and the city sono sempre più nevrotiche ed in preda alle lune che solo gli psicofarmaci possono assopire, allora ti rivolgi alle liceali che ti danno del lei per mantenere le distanze, così sconfitto concludi la serata davanti a youporn.
Caro trenta-quarantenne, cosa aspetti aprire il cuore ad un'altra anima sola e bisognosa di elargire amore. Non attendere che sia troppo tardi o che il tuo cuore venga pietrificato dal tempo. I padri troppo maturi, ecco un altro dramma dei nostri anni, quelli che hanno ottenuto la sopravvivenza del loro gene in extremis, li vedi che vanno a prendere il pargolo all'asilo che sembrano nonnini, già con i loro acciacchi. Il bambino che corre per abbracciarlo ed il padre-nonno non lo solleva con la passione di una Coppa del Mondo causa sciatica, artrosi lombare- cervicale, meniscopatia, o dolori dell'età che lo rendono totalmente out of age per la pubblicità dell'olio cuore.
Caro il mio single con più di tre decadi, ti posso dire una cosa? Mi fa schifo lo spacciare il tuo viaggio annuale con l'amichetto del cuore a Cuba o in Thailandia per dell'innocuo turismo, perché lì ti trovi bene, perché lì il mare è cristallino, perché sei un appassionato di snorkeling e per altre abbaglianti falsità che ti inventi.
E le tue partitelle a calcetto sull'erba sintetica. Dopo uno scatto hai già il fiatone, nel dopolavoro che si prolunga in una cena fuori per gli stoici che a casa non hanno nessuno se non la televisione e una scatoletta di fagioli da mangiare seduti sul divano; il tuo platform, le tue partite online, il terzo capitolo della tua autobiografia che non verrà mai pubblicata perché la tua vita non interessa a nessuno.
Caro il mio Vitellone, che a Milano ha trovato terreno fertile da inaridire, altri con cui varcare da soli la porte della vecchiaia, vincenti, perdenti, autosufficienti, trentaseienni che vivono a casa con mammà nella stessa stanza dove hanno passato l'adolescenzà, quarantenni che compiono efferati delitti, che hanno ancora il poster di Gullit nella stanza, con la lista delle cose da far comprare al supermercato, dediti allo stalking, al fantacalcio, allo struscio in corso Como, creativi da aperitivo al wine bar, che hanno un sacco di cose da fare, che hanno ancora tempo di essere, che la vita comincia a trent'anni. Ma vaffanculo.

intimamentekatia.tk

martedì 12 gennaio 2010

...trentenni viste da diciannovenni...

Care Trentasenza,
mi rivolgo a voi...quel che sto per pubblicare è una provocazione di un "amica" diciannovenne che chiede di esporre quel che pensa di voi trentenni...ambasciator non porta pena...

Lettera aperta alle trentenni single e urbanizzate

Ragazze, trent'anni è il momento in cui dovreste essere già accasate ad accudir la prole, retribuite grazie a permessi di maternità garantiti da un lavoro a tempo indeterminato.

Meglio ancora casalinghe, madri full time, indaffarate tra domestiche faccende e lacrimanti pargoli, tra belle foto in cornici d'argento e scintillanti corredi di nozze in terse vetrine. In attesa del marito che sgroppa per lo stipendio, ma che al rientro troverà un piatto pronto, un sorriso, una pancia gravida d'amore o dei bambini che affettuosamente si affrettano a portargli le ciabatte.

Invece, care trentenni, vi vedo intesite e ingiallite, i segni premonitori della vecchiaia che vi rigano il volto come lacrime indelebili; le rughe e i follicoli si affacciano come crateri. Vi scorgo attraverso i vetri semioscurati del vostro Suv su cui viaggiate stizzose e longilinee o – più spesso - sulle Smart sul cui volante nervosamente battete le dita (senza una vera sull'anulare), strette nella morsa del traffico che vi comprime nell'utilitaria.

Trentanni, patetiche ragazze che vi illudete di fuggire dalla maturità biologica. Perché volete cancellare il naturale desìo di gravidanza? Perché cercate di eliderlo dalla vostra mente come un cancro, al quale opponete un selvaggio subisso di mondanità, pranzi, cene, happy hour “irresistibilmente trendy” per far tardi, per non stare in casa la sera quando sale la paura, e vi recate in cadenti discoteche straripanti di attempate in cerca di qualche giovane uomo che, per una sera, vi faccia sentire meno sole. Il corpo fatica a stare dietro la vostra frenesia, basta qualche cocktail di troppo per segnarvi il volto per una settimana mentre i vostri enzimi alzano bandiera bianca, incapaci di star dietro a tutte le malsane vivande che come Bridget Jones ingurgitate.

Trentanni, ragazze, ma perché mi ostino a chiamarvi ragazze? Siete donne, siete trentenni, dovreste aver già concimato di prole il mondo, innaffiato il terreno arido di siccità con le vostre acque, donato nipotini alle vostre madri vogliose di elargire affetto. Dovreste passeggiar a testa alta verso l'asilo, parlottare con le insegnanti del vostro pargolo che, con il nasino attaccato al vetro della sua classe, aspetta la vostra venuta come Babbo Natale.

Invece vi vedo, trentenni single, allampanate, che martoriate il manto stradale con i vostri tacchi da 10 cm con cui battete il SOS in Morse per attirare l'attenzione dei pochi uomini disponibili (e non seriamente problematici) rimasti sul mercato.

Lo sento dai vostri passi decisi, dalle sigarette che stringete con le vostre dita da crudelia demon, vi spio attraverso i vetri delle palestre nelle quali correte sui tapis roulant o sulle bici da spinning, metafora perfetta del vostro affannarvi senza arrivare da nessuna parte. Riempite le palestre, come la bile può ingolfare la scatola cranica generando ipocondrie bestiali, dalle quali uscite nevrotiche frecciando con gli occhi le concorrenti, specialmente se sono più giovani. Salite sulla vostra monovolume e vi smaltate le unghie mentre accorrete all'appuntamento con l'avvocato dal dei tali, che vi ha salvato con “Troia numero16” sul cellulare.

Trentanni, il vostro menarca sta per compiere la maggiore età.

Trentanni, unte di crema anti-age, svaccate sul vostro letto da una piazza e mezza nella vostra singola con arredamento sofisticato-ikea, guardate in dvd sex and the city alla ricerca di giustificazioni mediatiche del vostro status. Quando entrate in una discoteca straripante di ragazzine le vostre rughe pulsano di rabbia per quelle sdilinquite sciacquette, eppure sapete che se per caso vi trovate lì c'è un problema all'origine, ed è ciò che vi ha fatto uscire di casa: la paura di restare da sole, la stessa che vi ha spinto a quel tragico speed date.

Trentanni, siete la brutta fotocopia di un uomo. Anche se la vostra capanna è pulita e ordinata, piena di posacenere vuoti, con il cibo messo ordinatamente nella dispensa, molta verdura, formaggi magri e bifidus actiregularis nel frigorifero, non basta un cuore a reggerla, e nella vostra testa il disordine regna sovrano, al contrario che negli armadi.

Non so perché esistono le single trentenni, forse per colpa di genitori divorziati o di un crudele scherzo del destino che le ha abbandonate, dei messaggi subliminali degli adelfi della dissoluzione o del loro stolto orgoglio, dell'aver evitato la traiettoria del bouquet all'ultimo generoso matrimonio. La tua aria di superiorità mi fa tenerezza, la tua partita iva, il tuo eventuale master, il tuo corso di antigravity joga, di pilates acquatico, di mediazione con cui tenti di fuggire dal vuoto che ti circonda, i tuoi costi di gestione, l'appuntamento per il pap test... il tuo non sapere cosa vuoi e farmelo pesare.

Io ne ho diciannove di anni, e stringo forte forte la mano del mio ragazzo, bello come il sole, giovane e con il futuro negli occhi. So che parleremo al plurale. Per sempre!