martedì 12 gennaio 2010

...trentenni viste da diciannovenni...

Care Trentasenza,
mi rivolgo a voi...quel che sto per pubblicare è una provocazione di un "amica" diciannovenne che chiede di esporre quel che pensa di voi trentenni...ambasciator non porta pena...

Lettera aperta alle trentenni single e urbanizzate

Ragazze, trent'anni è il momento in cui dovreste essere già accasate ad accudir la prole, retribuite grazie a permessi di maternità garantiti da un lavoro a tempo indeterminato.

Meglio ancora casalinghe, madri full time, indaffarate tra domestiche faccende e lacrimanti pargoli, tra belle foto in cornici d'argento e scintillanti corredi di nozze in terse vetrine. In attesa del marito che sgroppa per lo stipendio, ma che al rientro troverà un piatto pronto, un sorriso, una pancia gravida d'amore o dei bambini che affettuosamente si affrettano a portargli le ciabatte.

Invece, care trentenni, vi vedo intesite e ingiallite, i segni premonitori della vecchiaia che vi rigano il volto come lacrime indelebili; le rughe e i follicoli si affacciano come crateri. Vi scorgo attraverso i vetri semioscurati del vostro Suv su cui viaggiate stizzose e longilinee o – più spesso - sulle Smart sul cui volante nervosamente battete le dita (senza una vera sull'anulare), strette nella morsa del traffico che vi comprime nell'utilitaria.

Trentanni, patetiche ragazze che vi illudete di fuggire dalla maturità biologica. Perché volete cancellare il naturale desìo di gravidanza? Perché cercate di eliderlo dalla vostra mente come un cancro, al quale opponete un selvaggio subisso di mondanità, pranzi, cene, happy hour “irresistibilmente trendy” per far tardi, per non stare in casa la sera quando sale la paura, e vi recate in cadenti discoteche straripanti di attempate in cerca di qualche giovane uomo che, per una sera, vi faccia sentire meno sole. Il corpo fatica a stare dietro la vostra frenesia, basta qualche cocktail di troppo per segnarvi il volto per una settimana mentre i vostri enzimi alzano bandiera bianca, incapaci di star dietro a tutte le malsane vivande che come Bridget Jones ingurgitate.

Trentanni, ragazze, ma perché mi ostino a chiamarvi ragazze? Siete donne, siete trentenni, dovreste aver già concimato di prole il mondo, innaffiato il terreno arido di siccità con le vostre acque, donato nipotini alle vostre madri vogliose di elargire affetto. Dovreste passeggiar a testa alta verso l'asilo, parlottare con le insegnanti del vostro pargolo che, con il nasino attaccato al vetro della sua classe, aspetta la vostra venuta come Babbo Natale.

Invece vi vedo, trentenni single, allampanate, che martoriate il manto stradale con i vostri tacchi da 10 cm con cui battete il SOS in Morse per attirare l'attenzione dei pochi uomini disponibili (e non seriamente problematici) rimasti sul mercato.

Lo sento dai vostri passi decisi, dalle sigarette che stringete con le vostre dita da crudelia demon, vi spio attraverso i vetri delle palestre nelle quali correte sui tapis roulant o sulle bici da spinning, metafora perfetta del vostro affannarvi senza arrivare da nessuna parte. Riempite le palestre, come la bile può ingolfare la scatola cranica generando ipocondrie bestiali, dalle quali uscite nevrotiche frecciando con gli occhi le concorrenti, specialmente se sono più giovani. Salite sulla vostra monovolume e vi smaltate le unghie mentre accorrete all'appuntamento con l'avvocato dal dei tali, che vi ha salvato con “Troia numero16” sul cellulare.

Trentanni, il vostro menarca sta per compiere la maggiore età.

Trentanni, unte di crema anti-age, svaccate sul vostro letto da una piazza e mezza nella vostra singola con arredamento sofisticato-ikea, guardate in dvd sex and the city alla ricerca di giustificazioni mediatiche del vostro status. Quando entrate in una discoteca straripante di ragazzine le vostre rughe pulsano di rabbia per quelle sdilinquite sciacquette, eppure sapete che se per caso vi trovate lì c'è un problema all'origine, ed è ciò che vi ha fatto uscire di casa: la paura di restare da sole, la stessa che vi ha spinto a quel tragico speed date.

Trentanni, siete la brutta fotocopia di un uomo. Anche se la vostra capanna è pulita e ordinata, piena di posacenere vuoti, con il cibo messo ordinatamente nella dispensa, molta verdura, formaggi magri e bifidus actiregularis nel frigorifero, non basta un cuore a reggerla, e nella vostra testa il disordine regna sovrano, al contrario che negli armadi.

Non so perché esistono le single trentenni, forse per colpa di genitori divorziati o di un crudele scherzo del destino che le ha abbandonate, dei messaggi subliminali degli adelfi della dissoluzione o del loro stolto orgoglio, dell'aver evitato la traiettoria del bouquet all'ultimo generoso matrimonio. La tua aria di superiorità mi fa tenerezza, la tua partita iva, il tuo eventuale master, il tuo corso di antigravity joga, di pilates acquatico, di mediazione con cui tenti di fuggire dal vuoto che ti circonda, i tuoi costi di gestione, l'appuntamento per il pap test... il tuo non sapere cosa vuoi e farmelo pesare.

Io ne ho diciannove di anni, e stringo forte forte la mano del mio ragazzo, bello come il sole, giovane e con il futuro negli occhi. So che parleremo al plurale. Per sempre!